Il mio scopo

Lo scopo di questo blog, che è uno dei tanti che si prefiggono questo fine, è quello di diffondere ed informare i lettori di quello che avviene (e che è avvenuto) nel nostro amato paese, soprattutto nell'ambito politico, e di porre le basi per alcune riflessioni sulla vita dell'italiano medio. Questo blog trae molti spunti dal blog di Beppe Grillo, un uomo che merita molto di più di quello che gli viene dato (discorso che vale per molte altre persone), io cercherò di filtrare le cose più interessanti, anche se sarà veramente difficile, dato che queste sono molte.
Cercherò di pubblicare con regolarità notizie sul nostro bel paese, con la speranza che un giorno si possa essere trattati come cittadini e non come alberi dei soldi.
Vi auguro una buona lettura!

Le mie frasi importanti

"Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato."
"Non può piovere per sempre"
"El pueblo unido jamás será vencido"
"In tempi di menzogna universale, dire la verità diventa un atto rivoluzionario"

Vai al Forum
In data 01/07/2010 è stato finalmente attivato il nuovo Forum di Libera Voce. Il Forum è uno strumento indispensabile per avere una più vasta e chiara comunicazione tra di noi, è un forum molto ampio e si può discorrere di una immensa vastità di argomenti a vostra scelta! Qui posso solo scrivere le notizie e voi potete solo scrivere commenti, senza però che sia possibile una effettiva e completa discussione. Quindi vi aspetto calorosamente sul nuovo forum, anche in attesa di preziosi suggerimenti per il suo miglioramento.

giovedì 7 ottobre 2010

Università - la situazione di Padova

In quanto ex-studente di Ingegneria all'Università di Padova e in quanto ancora iscritto al forum di Ingegneria oggi mi è arrivata nella mail questo messaggio, scritto dal Preside della Facoltà.









Cari studenti della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Padova,

come Preside della Facoltà nella quale vi apprestate a intraprendere o a proseguire il percorso formativo che costituirà la base della vostra futura attività professionale, desidero informarvi sul particolare momento che sta vivendo la nostra Facoltà e, più in generale, l’intera Università italiana.

La Facoltà di Ingegneria di Padova, una delle prime in Italia con oltre 200 anni di storia alle spalle, eroga attualmente 12 Corsi di Laurea Triennale, 17 Corsi di Laurea Magistrale e 1 Corso di laurea quinquennale a ciclo unico.

Gli studenti iscritti sono complessivamente oltre 11000 e il numero di nuovi allievi annualmente in ingresso si aggira attorno a 2500, in costante crescita negli ultimi anni.
L’attrattività del percorso formativo ha varie motivazioni: non ultima, la buona prospettiva di collocazione sul mercato del lavoro, in Italia e all’estero.

Le risorse di docenza sulle quali la Facoltà può contare sono oggi costituite da 116 Professori Ordinari, 122 Professori Associati e 140 Ricercatori (per un totale quindi di 378 unità), i quali hanno consentito alla Facoltà di predisporre un'offerta formativa ampia, qualificata e bene articolata, nonostante le limitazioni nella quantità delle risorse disponibili.

Infatti, una parte significativa delle attività didattiche è stata finora svolta dai docenti come compito aggiuntivo rispetto ai propri doveri istituzionali e il motivo che li ha indotti ad assumersi questi impegni non è certamente la retribuzione ulteriore, visti i compensi esigui e talora assenti.

La situazione è purtroppo molto cambiata negli ultimi mesi, a seguito innanzi tutto delle forti perplessità e riserve espresse dalla Facoltà su alcuni contenuti del DdL 1905 “Norme in materia di organizzazione delle Università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario“. Tale provvedimento è stato già approvato dal Senato ed è oggi all’esame della Camera.

In particolare, i Ricercatori a tempo indeterminato attualmente in servizio (e non solo loro) hanno manifestato grande preoccupazione per il fatto che l’introduzione della nuova figura di Ricercatore a tempo determinato possa limitare fortemente le loro possibilità di progressione di carriera.

Conseguentemente, 106 Ricercatori della Facoltà, in segno di protesta hanno dichiarato la propria indisponibilità ad assumere la titolarità di insegnamenti, poiché ciò non è previsto dai loro doveri istituzionali.

Un forte sdegno si è poi diffuso tra tutti i docenti anche a causa della recente manovra finanziaria varata dal Parlamento: infatti, nella parte relativa all'Università, i provvedimenti previsti si traducono in una penalizzazione a carattere permanente, molto superiore a quanto accade per altre categorie, con effetti che si ripercuoteranno addirittura sul trattamento di fine rapporto e sul trattamento pensionistico.

Tutto ciò si aggiunge agli altri interventi attuati negli ultimi anni (blocco del turn-over, taglio del Fondo di Finanziamento Ordinario, riduzione dei fondi di ricerca ministeriali, rallentamento delle procedure concorsuali), che comportano uno svilimento del ruolo dell'Università e della figura del docente universitario.

In questa situazione di estremo disagio, circa 90 Professori Ordinari e Associati hanno dichiarato di non voler sostenere compiti didattici aggiuntivi rispetto a quelli istituzionali, già a partire dall’Anno Accademico che è appena iniziato.

Un’ulteriore conseguenza negativa della recente manovra finanziaria e più in generale del clima che si è instaurato nell’Università italiana, è il gran numero di pensionamenti anticipati, che rendono ancor più critico il mantenimento dell’offerta didattica.

Pertanto, la Facoltà di Ingegneria ha con rammarico dovuto prendere atto che, anche a Padova come in molte altre Sedi, i Manifesti degli Studi per l’A.A. 2010/11, a suo tempo approvati in base alla usuale disponibilità dei docenti, risultano non più sostenibili nei termini a suo tempo previsti.

Ponendosi quindi l’obiettivo primario di attivare tutti i Corsi di Laurea, per non venir meno all’impegno assunto da un lato con gli studenti e le loro famiglie, dall’altro con il mondo produttivo che ha sempre accolto con favore i laureati in Ingegneria a Padova, sono stati pianificati una serie di interventi di emergenza, limitati all’offerta formativa del corrente Anno Accademico, basati su:

a) aumento degli studenti presenti in aula, che si è finora mantenuto ai livelli consigliati dalla legge mediante l’erogazione di corsi in parallelo; dovendo ridurre i corsi in parallelo senza penalizzare troppo la qualità della didattica, è possibile che nel prossimo anno alcuni insegnamenti debbano essere erogati in collegamento audio/video.

b) cancellazione di insegnamenti non indispensabili al percorso formativo; tale scelta si è rivelata particolarmente dolorosa perché proprio questi insegnamenti hanno finora costituito un prezioso arricchimento tecnico-scientifico all’offerta didattica della Facoltà, in quanto spesso sono espressione delle attività di ricerca più all’avanguardia svolte presso i Dipartimenti.

Si è invece scelto di non attingere indiscriminatamente a docenti esterni al mondo accademico, ma di mantenere gli standard di qualità didattica da sempre adottati dalla Facoltà.

Bisogna comunque sottolineare che anche gli interventi sopra delineati non sarebbero stati sufficienti a consentire di attivare tutti i Corsi di Laurea: preso però atto della situazione, per senso di responsabilità e spirito di servizio un certo numero di Professori e Ricercatori hanno negli ultimi giorni ritirato la propria indisponibilità a compiti didattici aggiuntivi, pur mantenendo la propria totale adesione alle motivazioni della protesta. A queste scelte va dato il giusto rilievo, perché sono spesso frutto di un intenso travaglio interiore.

In conclusione, l’offerta didattica che la Facoltà riuscirà a garantire nel prossimo anno accademico, se da un lato sarà necessariamente meno ampia rispetto al passato, dall’altro manterrà almeno per ora sostanzialmente inalterato il livello di qualità e di serietà che da sempre l’ha contraddistinta.

Risulta tuttavia evidente che i provvedimenti legislativi recentemente approvati o in corso di approvazione, non solo fanno sì che la Facoltà si trovi oggi ad affrontare una situazione di estrema difficoltà, ma stanno anche portando alla perdita di quella carica di entusiasmo che è la maggiore garanzia di successo per le attività didattiche e di ricerca negli anni a venire.

La Facoltà auspica quindi che vengano introdotti a livello parlamentare opportuni correttivi (come quelli presentati dall’Ateneo ai Parlamentari veneti in un recente incontro) che consentano di non togliere ulteriormente dignità al mondo accademico, prima che la situazione risulti irrimediabilmente compromessa.

All’inizio di questo non facile anno accademico, vi auguro comunque un buon lavoro nelle aule e nei laboratori della Facoltà e colgo l’occasione per salutare cordialmente anche le vostre famiglie, pregandovi di estendere loro questo messaggio.

Pierfrancesco Brunello
(Preside della Facoltà di Ingegneria)




Lascio a voi qualsiasi commento.

martedì 5 ottobre 2010

Reato di banda armata e "Lodo Lega" - un chiarimento.

Negli ultimi giorni è stata divulgata dal Fatto Quotidiano la notizia del'abrogazione del reato di banda armata, che prevedeva varie punizioni a seconda di come veniva impostato.

L'articolo è di Marco Travaglio, che personalmente stimo moltissimo. Tuttavia non era del tutto esatto quello che veniva detto dall'illustre giornalista, ed intavolando una discussione con un mio amico è venuta fuori la seguente conclusione.

Appena cominciati i corsi universitari, è un classico momento di relax post-esami, e di tempo da perdere ce n’è. Così, per tenersi in esercizio, ho cercato di approfondire il caso portato alla luce da Marco Travaglio in questo articolo . Sapendo come il giornalismo italiano soffre di sensazionalismo, e che il Travaglio – se è molto difficile (anche se non sempre impossibile) attaccarlo sulle questioni di fatto – ha una certa zoppia quando tratta delle questioni di diritto, ho cercato di ricostruire l’evoluzione giuridica della vicenda.

Dunque, la banda armata è prevista come reato dal 1930, all’art. 306 cod. pen., il quale stabilisce – in soldoni – che è punito con un certo periodo di reclusione chiunque si metta insieme ad altre persone per svolgere attività contro lo Stato Italiano e il suo ordine costituito e contro l’integrità fisica e morale delle sue più alte cariche.

Nel 1946 però, la neonata Assemblea Costituente dà delega al Governo di emanare un Decreto Legislativo per individuare una norma di chiusura che prevedesse e prevenisse fenomeni, i quali sarebbero potuti sfociare in episodi di squadrismo. Questa norma di chiusura (cioè questa regola che permette di risolvere i casi dubbi di applicazione del reato di banda armata, dando un criterio generale per individuare in tutti i comportamenti quelli rilevanti per la commissione del reato) prevede che vanno punite come bande armate anche le associazioni di carattere militare a scopi politici; perciò, è sufficiente avere una struttura gerarchica, delle uniformi, e la disponibilità di armi per il gruppo per commettere reato, a prescindere dal mettere in atto i comportamenti criminosi e le attività illecite che invece chiedeva il Codice Penale.

Dal 9 ottobre prossimo tuttavia entra in vigore il Codice dell’Ordinamento Militare. E’ un testo unico, cioè un Decreto Legislativo che riassume e fa sintesi di tutte le leggi che regolavano quella materia, rimettendole in ordine. Perciò, dato che non servono più, queste vecchie regole vengono abrogate.

Tra queste leggi però è stato infilato dentro anche il D. Lgs. 43/1948, di cui abbiamo parlato. Viene dunque a mancare la norma di chiusura: sarà perciò necessario che la associazione armata metta in atto dei comportamenti previsti dallo stesso Codice Penale per essere punita, non a prescindere.

Se da un lato, questo non consente di parlare di «depenalizzazione della banda armata», perché rimane punita come reato, sembra invece sufficiente a realizzare il “lodo Lega” di cui parla Travaglio.

Infatti, gli imputati che con questa abrogazione si mira a salvare sono i fondatori della Guardia Nazionale Padana, i quali senz’altro sono una associazione paramilitare legata a ideali politici (quelli della Lega Nord e della secessione in generale), ma il semplice fatto che esista non sarà più sufficiente al giudice per punirli, non finché non avranno realmente attentato all’integrità dello Stato Italiano; cosa che diamo per scontata noi veneti smaliziati, ma che è più difficile da dimostrare in via processuale.

Qui di seguito riporto le 2 leggi di cui si parla:
Articolo 306 Codice Penale
D.Lgs. 14.2.1948 n.43 Pagina 1 - Pagina 2 - Pagina 3

venerdì 1 ottobre 2010

"L'80% dell'acqua del pianeta è contaminata" - Nature lancia l'allarme

Le cifre sono allarmanti: l’80% delle acque dolci del pianeta sono già contaminate o a rischio contaminazione. Da questa minaccia sono toccati circa 3,4 miliardi di persone, quasi la metà della popolazione mondiale. E la situazione rischia di peggiorare nei prossimi anni, a causa dei danni provocati dal cambiamento climatico e dalla costante crescita della popolazione.

L’allarme lo lancia un articolo scientifico pubblicato sulla rivista Nature e firmato da un’equipe di studiosi guidata da Charles Vorosmarty della City University di New York e da Peter McIntyre dell’Università del Wisconsin. Lo studio è importante perché può essere considerato quello che “per la prima volta raccoglie tutta la nostra conoscenza sotto un unico modello globale di sicurezza delle acque e perdita della biodiversità”, secondo Gary Jones, direttore dell’eWater Co-operative Researce Centre di Canberra, in Australia.

Il quadro che emerge dallo studio di Nature è quello di un pianeta in cui le risorse idriche sono sfruttate in modo complessivamente squilibrato. Attualmente l’approvvigionamento dell’acqua, potabile e non, deriva prevalentemente da un lavoro di ingegneria. Dighe, drenaggi e riserve sono il modo in cui l’uomo risolve i problemi della scarsità e dell’inquinamento delle falde. La soluzione tecnologica ha però due controindicazioni. La prima è nei costi, che per tenere la situazione in equilibrio dovrebbero aggirarsi, secondo gli autori dello studio, intorno agli 800 miliardi di dollari annui entro il 2015.

La seconda è che tali costi sono insostenibili per chi non fa parte del “club” delle nazioni industrializzate ricche o emergenti, queste ultime rappresentate dai paesi BRIC (Brasile, Russia, India, Cina). Complessivamente non più di un miliardo di persone. Ragion per cui Vorosmarty e MacIntyre suggeriscono di puntare sulla lotta al cambiamento climatico piuttosto che sulla continua manipolazione della natura da parte dell’uomo, che rischia solo di mettere l’ ambiente ulteriormente sotto pressione.

E in Italia, quanto è grave la situazione? C’è rischio anche da noi di stress da sfruttamento idrico, dato il quadro di sprechi, e scarso rispetto dell’equilibrio ambientale? “Il modello di gestione idrica urbana deve essere profondamente rinnovato” risponde Katia Le Donne, dell’ufficio scientifico di Legambiente. L’associazione ha denunciato nel libro bianco sull’emergenza idrica del 2007 e in altri rapporti successivi, la situazione in cui versa il nostro Paese. Al 60% di acqua destinato ad usi agricoli e il 42% di perdita dai tubi colabrodo (con punte del 70% a Cosenza) di una rete di distribuzione che andrebbe completamente rinnovata si aggiunge un costo troppo basso dell’acqua (52 centesimi al metro cubo, la metà della media europea) che induce inevitabilmente allo spreco.

“Da oltre un decennio, sostiene Le Donne, ad occhi esperti di tutto il mondo, risulta sempre più chiaro che il modello di gestione delle acque nelle nostre città – basato sul ciclo: prelievo distribuzione, utilizzo, fognatura, depuratore, e re-immissione finale – non è sostenibile, perché comporta un uso eccessivo di risorse idriche di altissima qualità. Perché, ad esempio, per scaricare un WC si fa uso acqua potabile? Tutto questo genera uno spreco enorme senza ridurre l’inquinamento.

Ma lo studio Nature non rischia di essere la solita scusa degli ambientalisti per non fare nulla? “Non direi, continua Katia. La sfida della gestione della risorse idriche non si riduce alla semplice e demagogica questione: lasciamo tutta scorrere così come natura crea…questo modello anche sarebbe tanto insostenibile per quanto improponibile alle società di oggi. Al contrario chi si occupa di Ambientalismo Scientifico propone un nuovo approccio uno addirittura più complicato di quello che ci hanno proposto e imposto finora e che è altrettanto insostenibile come il primo. La via d’uscita, invece, è quella di superare l’approccio per cui prima si sommano le richieste idriche (industriali, agricole, civili) e poi si cerca disperatamente di soddisfarle”. Un buon consiglio per il pianeta a cui certo l’Italia non sfugge.

tratto da ilfattoquotidiano.it

The Bordello State - By James Walston - tradotto in italiano

Premessa: Il seguente articolo serve per far capire cosa ne pensino dell'Italia e di Berlusconi all'estero. E' tratto dal Foreign Policy, che è una delle più importanti riviste trattanti temi politici, economici e similari. E' una rivista seguitissima da tutte le elite politiche ed economiche. In sintesi è una rivista piuttosto importante a livello mondiale.

Lo Stato Bordello
Il declino dell'Italia sotto il premier Silvio Berlusconi.
Di JAMES WALSTON, da FOREIGN POLICY | 14 SETTEMBRE 2010













Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiero in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!


Citare Dante, lo ammetto, è l'ultima risorsa di un briccone, o quantomeno di uno scriba indolente. Ma questa citazione dal Purgatorio* è troppo appropriata per non usarla. Ahi serva Italia è anche il titolo di un libro di Paolo Sylos Labini, pubblicato postumo nel 2006; Sylos Labini non è stato solo uno dei più illustri economisti italiani, ma anche un uomo di assoluta integrità che si è sistematicamente e molto apertamente rifiutato di venire a patti col Potere (anche quello con la “p” minuscola). Il suo ultimo lavoro descriveva, analizzava e criticava l'Italia di 5 anni fa. “Perchè siamo caduti così in basso?” chiedeva. “Esorto i miei concittadini ad un inflessibile esame critico della nostra coscienza civica se vogliamo risollevarci dall'abisso.” Il suo appello era più o meno la difesa, da parte di un economista, dell'economia di mercato e delle sue regole, che difendono la comunità dal potere politico ed economico privo di limitazioni. I massicci conflitti di interesse di Silvio Berlusconi, miliardario e primo ministro, hanno fatto di queste regole una beffa.

L'Italia di oggi è stata squassata anche da altre tempeste interne, e ovviamente da quelle economiche internazionali; da allora, le residenze del primo ministro sono diventate bordelli – e non solo metaforicamente. Soprattutto, la nave dello stato è sul punto di trovarsi senza timone. Allora non sono io l'unico in Italia a citare Dante in questi giorni.

Fin dalla fine di luglio non c'è stata una chiara leadership, ma nelle ultime due settimane la mancanza di direzione è diventata parossistica. Per la maggior parte di Agosto Berlusconi ha minacciato di anticipare le elezioni per costringere Gianfranco Fini – l'alleato ribelle che in luglio ha rotto con il primo ministro e ha formato un proprio partito – e i suoi sostenitori all'obbedienza. Poi, quando i sondaggi hanno mostrato che gli unici veri vincitori in una votazione anticipata sarebbero stati Umberto Bossi e la Lega Nord – e, peggio ancora, che c'era una buona probabilità che Berlusconi non ottenesse la maggioranza in senato – ha fatto marcia indietro. Negli ultimi giorni, i suoi interventi pubblici parlano ancora di “altri tre anni per portare a termine le Grandi Riforme.” L'obiettivo immediato è far approvare una mozione a supporto di un piano a cinque punti riguardante l'economia, il sud, il federalismo fiscale, la giustizia, e la sicurezza. Il problema più controverso è la giustizia, che per Berlusconi significa concedersi l'immunità nei processi (“per poter continuare le attività di governo,” secondo lui). La decentralizzazione dei poteri economici è fondamentale per la Lega Nord, ma altri nel centro-destra temono che le regioni più povere della nazione perderanno il supporto dello stato.

Berlusconi si vanta continuamente che la politica estera da lui personalmente gestita sia l'invidia dell'Europa, ma in realtà è controproducente tanto quanto la sua politica interna. La settimana scorsa ha approfittato della propria presenza al Global Policy Forum organizzato dal Cremlino a Yaroslav, in Russia, per lanciare una frecciata a Fini (senza farne il nome), dicendo che qualcuno aveva creato delle “aziendine politiche” in Italia; poi si è lamentato per l'ennesima volta dei “giudici comunisti” che impediscono di governare a lui e ai suoi alleati; e infine, a coronare il suo affettuoso benvenuto al dittatore della Libia Muammar Gheddafi di due settimane fa, è arrivata la notevole affermazione che i suoi ospiti, il primo ministro Vladimir Putin e il presidente Dmitry Medvedev, siano un “un dono di Dio per la democrazia” (peccato che The Economist l'avesse già battuto sul tempo con un cartone animato che mostra quanto Putin realmente ama la democrazia e la stampa). Persino più imbarazzante è stata la notizia che una delle lance donate dall'Italia alla guardia costiera libica ha mitragliato una nave da pesca italiana.

Nel frattempo, le disgrazie di Berlusconi in patria si moltiplicano. Il direttore del suo Il Giornale, Vittorio Feltri, questa settimana ha criticato il primo ministro per la sua indecisione e leadership inefficace. Peggio ancora, il suo livello di gradimento personale è al 37% (4,9% in meno rispetto a giugno), e quello del suo Popolo delle Libertà è al di sotto del 30% (rispetto al 33,2% di giugno e al 37,4% delle elezioni del 2008), secondo un sondaggio dei primi di settembre. Alla fine del mese, quando la Camera dei Deputati discuterà e voterà sul piano a cinque punti, sapremo se la proposta degli “altri 3 anni” ha qualche speranza. Intanto, sembra che il primo ministro si stia dando allo shopping, nella speranza di trovare degli indipendenti per riempire il vuoto lasciato da chi è passato a Fini – gliene servono 19 per avere una maggioranza solida.

Se c'è qualcuno che può riuscire in quest'impresa, è Berlusconi. Considerate le sue risorse finanziarie e mediatiche, assieme ad altre forme di clientelismo politico, c'è ben poco che non possa offrire. È un esperto nel convincere i parlamentari a passare dalla sua parte, come dimostrano alcune recenti rivelazioni circa la cosiddetta P3. (La P3 è una presunta setta segreta i cui membri agivano tre anni fa tentando di promuovere gli interessi pubblici e privati di Berlusconi con mezzi poco leciti). Una delle accuse sostiene che alla fine del 2007, durante un altro periodo di compravendita politica, la P3 ha cominciato a distribuire denaro e favori nel tentativo di provocare la caduta del governo di sinistra di Romano Prodi, la cui coalizione puntualmente si è sfaldata nel gennaio 2008.) Ma le rivelazioni delle sue mosse per costringere Prodi alle dimissioni sono di per sé una prova dei cambiamenti occorsi da allora nella politica italiana. A differenza di altre occasioni simili, in cui i politici incriminati si dimostravano molto silenziosi, sembra che la maggior parte degli accusati stia cantando come se fosse alla Scala – il che fa pensare a dei ratti in fuga da una nave che affonda.

È un peccato che Berlusconi sia così preoccupato della propria sopravvivenza, perchè il suo paese è in un mare di guai. Il relativo declino dell'Italia è cominciato quasi 20 anni fa, quando si è visto chiaramente che l'economia non era in grado di affrontare le nuove sfide della globalizzazione, eppure ogni anno i grafici della produzione calano rispetto all'Europa, e naturalmente alla Cina e alle altre economie emergenti. La settimana scorsa l'OCSE – il think tank dei paesi sviluppati – ha calcolato che il PIL della nazione scenderà dello 0,3% nel terzo trimestre (facendo dell'Italia l'unico paese del G7 con indice di crescita negativo) e risalirà di un misero 0,1% nel quarto trimestre. Il World Economic Forum ritiene che una vera ripresa non sia ancora cominciata e colloca l'Italia al 48° posto sulla graduatoria della competitività globale, al di sotto della Lituania e sopra al Montenegro. La disoccupazione giovanile ha raggiunto il 29,2% questo maggio, il 4,7% in più rispetto a maggio dell'anno scorso. Il ministro per lo sviluppo economico di Berlusconi ha dato le dimissioni quattro mesi fa e non è ancora stato sostituito. E con l'inizio dell'anno scolastico gli insegnanti si stanno mettendo sul sentiero di guerra per i tagli al bilancio, proprio come la polizia. Ci sono problemi in abbondanza da affrontare, ma l'Italia è una nave sanza nocchiero.

E così, l'Italia è di nuovo serva, come diceva Dante 700 anni fa? Ed è ancora un bordello invece che donna di province? Il nuovo libro di un ricercatore dell'università di Princeton sostiene decisamente l'ipotesi del bordello. In La libertà dei servi, Maurizio Viroli scrive che l'Italia ha avuto successo “nell'esperimento politico di trasformare, senza violenza, una repubblica democratica in una corte con al centro un signore feudale circondato da una pletora di cortigiani, ammirati e invidiati da una moltitudine di gente dallo spirito servile.”

Nel Rigoletto di Verdi il protagonista maledice i cortigiani con la sua meravigliosa aria “Cortigiani, vil razza dannata!”, ma oggi sono i cortigiani a reggere le briglie. Perfino Fedele Confalonieri, probabilmente il miglior amico e socio di Berlusconi, nel 2004 lo ha descritto come “un despota illuminato … un Ceausescu buono, ma decisamente anomalo come politico democratico.” Sei anni dopo, con un sistema elettorale modificato che rende tutti i parlamentari indebitati nei suoi confronti e un nuovo, più grande partito sotto il suo totale controllo, la citazione è ancora più appropriata.

La scorsa settimana, una deputata di centro-destra nel gruppo di Fini ha accusato alcune delle sue colleghe parlamentari di essersi prostituite per entrare in parlamento. Ha ritirato immediatamente la frase (anche se un deputato del partito di Berlusconi ha detto che non ci vedeva niente di sconveniente), ma in ogni caso Veronica Lario, la seconda moglie di Berlusconi, e il think tank di Fini, FareFuturo, avevano espresso la stessa ipotesi in aprile dello scorso anno. Il vero problema, comunque, non è che alcune donne siano entrate in parlamento passando per una camera da letto; è che uomini e donne, giornalisti e professionisti, hanno rinunciato alle loro menti e ai loro principi, più che ai propri corpi.

C'è una buona ragione se qui si cita spesso Dante.


* La versione originale di questo articolo riportava la citazione iniziale come se fosse presa dall'Inferno di Dante.


Traduzione di Bruno Levorato
 
Licenza Creative Commons
Libera Voce: l'informazione che viene dal basso by Mattia Siviero is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial 3.0 Unported License.