Il mio scopo

Lo scopo di questo blog, che è uno dei tanti che si prefiggono questo fine, è quello di diffondere ed informare i lettori di quello che avviene (e che è avvenuto) nel nostro amato paese, soprattutto nell'ambito politico, e di porre le basi per alcune riflessioni sulla vita dell'italiano medio. Questo blog trae molti spunti dal blog di Beppe Grillo, un uomo che merita molto di più di quello che gli viene dato (discorso che vale per molte altre persone), io cercherò di filtrare le cose più interessanti, anche se sarà veramente difficile, dato che queste sono molte.
Cercherò di pubblicare con regolarità notizie sul nostro bel paese, con la speranza che un giorno si possa essere trattati come cittadini e non come alberi dei soldi.
Vi auguro una buona lettura!

Le mie frasi importanti

"Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato."
"Non può piovere per sempre"
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"In tempi di menzogna universale, dire la verità diventa un atto rivoluzionario"

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domenica 6 giugno 2010

Politiche nucleari europee, alcuni esempi

Riporto un articolo interessante e piuttosto esplicativo che ho trovato girando qua e la nei forum.
Questo appoggia pienamente la mia idea (e spero quella di molti altri) di uno sviluppo ecosostenibile dell'energia, tramite le rinnovabili. Ancora è molta la strada da fare verso questa direzione e ancora molti sono gli ostacoli che incontreremo a causa delle lobby planetarie. Ma sono sicuro che un giorno ce la faremo!
Sintetizzando l'articolo, descrive (in breve) le politiche energetiche (parlando di nucleare) di 4 stati europei: Francia, Svezia, Germania e Austria.

"The others" ... il nucleare degli altri è sempre più verde

Una delle osservazioni che più frequentemente mi sento rivolgere mentre raccolgo le firme contro il nucleare in Italia si può riassumere nelle domande: "Se le hanno gli altri perché non dovremmo averle noi? In fondo siamo circondati dal nucleare, perché non volerlo anche noi?". Domande che trovo assolutamente pertinenti e meritevoli di risposte senza pregiudizi. Per questo ne parlo oggi al posto della solita cronaca di una settimana difficile. Certo sarebbe facile rispondere: "Se fossimo circondati di ladri non è che li vorremmo in casa anche noi!"
Oppure, a proposito del fatto che la maggioranza ha sempre ragione, potremmo mutuare uno dei baluardi linuxiani (a proposito del numero “esiguo” di sistemi operativi linux a fronte di MSWindows) che dice: "Miliardi di mosche mangiano merda … si vede che è proprio buona!".
La prima osservazione da fare è che “gli altri” non sono affatto tutti uguali. Ci sono “altri” e “altri” e non sarebbe corretto mettere sotto la stessa etichetta la Francia, la Germania, la Svezia e l’Austria.

Partiamo dalla Francia, le cui vicissitudini nucleari non sono sempre state felici. E' stata traumatica, ad esempio, l’esperienza del Superphenix (recuperati meno di due miliardi di franchi francesi dei 60 investiti, un terzo dei quali a carico dei contribuenti italiani!). Un altro esempio negativo si avvia ad essere la centrale EPR di Flamanville (Normandia) con molti ritardi e aumenti dei costi come tutte le centrali con reattori AREVA “di ultima generazione”.
La politica nucleare francese non nasce dal civile, ma dal militare negli anni successivi alla guerra, grazie ai crediti che il paese aveva come vincitore del conflitto. Gli investimenti militari della Francia sono tra i più elevati al mondo, quasi il doppio di quelli della maggior parte degli altri paesi europei (2,5% del PIL = 40 miliardi euro nel 2006). La Francia è dipendente dal nucleare per quanto riguarda la produzione di energia elettrica. Quasi l’80% di questa deriva dai 58 reattori operanti sul suo territorio. Questo sviluppo abbastanza anomalo per un paese non di enormi dimensioni (solo gli USA hanno più reattori dei francesi) è legato al fatto che gli investimenti negli anni 60 arrivarono a questo settore "di rimbalzo" da quello militare. Bisogna rendersi conto che questa è una scelta legittima. Se uno imposta la propria politica energetica in una direzione va bene così. Contenti loro, contenti tutti. Voglio ricordare, lo dico così di sfuggita, che anche la Francia deve far funzionare i forni, i motori a scoppio, le fabbriche. Lo fa usando combustibili fossili come tutti gli altri, combustibili che importa dall’estero come tutti gli altri. L’80% dei combustibili usati in Francia (compreso l’Uranio) vengono comprati da fuori, più o meno come l’Italia. Certo la Francia è un caso abbastanza particolare nel panorama mondiale dei produttori di energia elettrica da nucleare, ma ... Nessuno sa oggi dove mettere e come custodire le scorie nucleari prodotte in quantità mostruosa. Nel 2009 (in dodici mesi) ci sono stati 9 incidenti alla “filiera nucleare” francese. L'energia elettrica costa meno che da noi, ma più di altri paesi dove il nucleare non c'è (ad es. Ungheria e Grecia).

C’è poi un secondo tipo di paesi "nuclearisti", quelli che hanno sì sviluppato una politica energetica ‘atomica’, ma affiancata ad altre risorse, in modo da avere un mix vario. Prendiamo ad esempio la Svezia, che possiede 10 centrali nucleari piuttosto vecchie e da mandare in pensione
entro breve.
Nel 1980 (quindi ben prima di Cernobyl ma all’indomani dell’incidente gravissimo di Three Miles Island) un referendum impose al governo svedese di provvedere alla chiusura delle
centrali esistenti entro il 2010. Il patto venne tenuto per buono fino a quando l’attuale governo di centrodestra non ha deciso di tornare a costruire centrali nucleari, sostituendo quelle vecchie con altre nuove. La storia tuttavia non finisce qui perché il dibattito è in corso e la gente
non è affatto d’accordo (il 74% secondo una recente indagine). Quest’anno comunque ci saranno le elezioni e se la maggioranza non venisse confermata è già scontato che questa decisione verrà buttata via. Ma non è questo il punto. Il punto importante è che la Svezia produce solo
il 40% dell’energia elettrica attraverso il nucleare, la maggior parte del resto viene prodotta con fonti rinnovabili, con largamente in testa quella idroelettrica. Anche la bolletta elettrica svedese è più leggera di quella italiana. Questo conferma che la quantità di reattori presenti sul territorio conta molto ma molto meno di una buona politica energetica per ridurre i costi a carico dei cittadini. Va anche ricordato che l'incidenza delle tasse svedesi sul costo energetico è superiore alla nostra.

In questo filone di stati ci mettiamo anche la Germania, che però ha una storia un pochino differente. Dagli anni ’80 nasce in questo paese una politica energetica condivisa, che ha il suo fondamento in tre capisaldi: la riduzione degli sprechi energetici, lo sviluppo delle energie da fonti rinnovabili e l’abbandono progressivo del nucleare. In particolare per ognuna delle sue 26 centrali vengono fissate le date di “chiusura”. In questa fase c'è una contrattazione con gli industriali del settore che riescono a strappare qualche anno in più rispetto a quello previsto dalla politica. Il risparmio energetico è rivolto soprattutto al riscaldamento delle
abitazioni. Nascono leggi sulla quantità di gasolio o gas da poter utilizzare per metro quadro e all’anno nel riscladamento, con valori che sono molto ma molto più bassi di quelli precedenti (e dei nostri attuali). E così si sviluppa tutto una catena di ricerche e di industrie che lavorano a
rendere le case sempre più "passive", cioè con sempre meno esigenze di energia. Nascono le classi per il consumo energetico delle abitazioni come quelle degli elettrodomestici. E’ una grande rivoluzione che impone la ricerca di materiali sempre meno energivori, di soluzioni sempre più verdi che vanno dai pannelli fotovoltaici alle pale eoliche, ai micro-cogeneratori a biomasse. Una casa di massimo risparmio (la classe gold) consuma 15 volte meno di una casa media italiana. Oggi una normativa simile è arrivata anche da noi, 30 anni dopo. E’ la cosiddetta "certificazione energetica" che pochissimi proprietari vogliono fare, pur essendo obbligatoria, "tanto nessuno controlla". Le leggi tedesche adeguano nel tempo (1991) i valori dei consumi permessi, visto che la tecnologia progredisce e si può fare ancora meglio. Nel 2000 una legge votata dal 90% dei parlamentari tedeschi stabilisce modi e criteri per le sovvenzioni e gli incentivi a chi produce
energia con il sole, il vento, gli alberi. E il paese diventa un grande laboratorio di sostenibilità.
Ecco, mentre noi non sappiamo cosa succederà martedì prossimo, la Germania ha varato un piano energetico di lunghissima durata (trent’anni), una specie di "exit strategy" per sostituire il nucleare con qualcosa di meglio, di meno rischioso, di meno costoso e di rinnovabile. Fino ad oggi sono stati chiusi 14 reattori e la dismissione continuerà fino al 2022, quando è prevista l’uscita definitiva dal nucleare. E’ vero anche che l’attuale governo tedesco di Angela Merkel ha sollevato alcune perplessità al riguardo e che esiste un dibattito politico sulla possibilità di posticipare questa “uscita”, ma lo stesso cancelliere tedesco ha ribadito molte volte che la Germania centrerà senza alcun problema l’obiettivo 20-20-20 previsto dagli accordi internazionali della UE. Attualmente il 16% dell'energia tedesca è verde. La quota di gas serra abbattuta è del 18% ... e hanno ancora 10 anni per arrivare al 20%! L’Italia invece mobilita i senatori della maggioranza per dire che quello della CO2 è solo una bufala inventata dagli scienziati per farsi pubblicità. E invitano la UE a togliere il vincolo. Tutti ci guardano come se fossimo dei pazzi e sorridono come si fa con quelli che non sanno quello che fanno.
Attualmente il 25% dell’energia elettrica tedesca è prodotta con il nucleare.
Tuttavia ciò che una decisione supportata dai fatti e dal senso dello stato ha prodotto è stato quello che oggi abbiamo sotto gli occhi. Un paese che ha una quantità di solare di vario tipo enormemente più grande dell’Italia, della Spagna, della Grecia, cioè dei paesi che fanno del sole il loro emblema nei depliant di pubblicità. Una nazione che ha investito pesantemente nell’eolico soprattutto nel Nord del Paese, nel mare del Nord dove i venti sono ideali per questo tipo di produzione di energia. Una nazione che ha saputo usare le biomasse in modo intelligente, attraverso cogeneratori domestici o condominiali e non usandole per imbrogliare i cittadini, coperti da uno stato altrettanto imbroglione che ha inventato i CIP6 e i certificati verdi.

Chiudiamo il giro di orizzonte con l’Austria.
Su questo paese girano delle voci veramente assurde e prive di qualsiasi fondamento. Acegas APS e i suoi soci del comune di Padova, per promuovere l’inceneritore di S. Lazzaro (in occasione della disgraziata apertura della terza linea) avevano realizzato un depliant, con in prima pagina un elogio dell’inceneritore di Vienna, "posto in centro città e del quale nessuno si
lamenta".
Bugiardi e ignoranti!
Perché, se conoscessero almeno un po’ la storia di questo paese, si guarderebbero bene dal pronunciarne il nome associandolo a porcherie simili. In Austria c’è un solo inceneritore (Spittelau a 5 km dal centro di Vienna) abbastanza piccolo e che ormai è più un’attrazione turistica che altro. Costruito negli anni 60 è poi stato abbellito da un famoso architetto
austriaco che ne ha fatto una specie di monumento. L’Austria ricicla quasi il 70% dei propri rifiuti e non ha bisogno di inceneritori. Beati loro! E il nucleare? Nel 1978 fu terminata la costruzione di una prima centrale nucleare da circa 800 MW. Appena terminata un referendum
popolare ne ha bloccato l’accensione chiamando il paese a uscire da ogni politica nucleare. Eppure anche l’Austria è circondata da paesi nuclearisti (Svizzera, Germania, Slovenia). Va sottolineato che nel 1978 nessuno dei grandi incidenti era ancora accaduto; si trattava insomma di una scelta
limpida e cristallina. La posizione austriaca è chiarissima. Ecco la dichiarazione di Ronal
Egger uno dei principali ambientalisti austriaci: “Il nucleare pone problemi non risolti, come lo stoccaggio finale. Non esiste al mondo un deposito definitivo di scorie radioattive. Inoltre gli incidenti continui che avvengono nelle centrali dimostrano che la tecnologia nucleare è una tecnologia ad alto rischio."
E questa è la posizione condivisa ancora oggi dalla grande maggioranza dei cittadini austriaci.
L’Austria usa in grande quantità fonti rinnovabili. Quali? Le biomasse prima di tutto. Ci sono foreste intere che vengono curate come un bambino piccolo perché possano produrre combustibile in modo sostenibile per riscaldare le case. Ci sono coltivazioni adatte per l’olio di colza che muove i trattori di intere valli. E poi c’è l’idroelettrico particolarmente sviluppato sia come grandi centrali che come impianti più piccoli a salto o ad acqua fluente (fiumi). L’Austria è il secondo produttore europeo di energia da idroelettrico dopo la Norvegia. Se non l’avete presente guardatevi una cartina dell’Europa e confrontate le dimensioni di questo paese con quello degli altri.
Abbiamo detto più volte che il discorso sulle biomasse dev’essere fatto con grande attenzione, rispettando la biodiversità, non sottraendo cibo e non innescando giri di profitti assurdi come avviene spesso da noi. Credo che la situazione austriaca si possa riassumere nella frase di Karl Totter – Fondatore della Cooperativa Seeg che gestisce fonti rinnovabili: "Il concetto è abbastanza semplice. Ogni regione produce materie prime; queste materie prime devono essere valorizzate nella regione e consumate nella regione."
E i problemi politici legati alle diverse idee di schieramenti opposti? In Austria non sanno nemmeno cosa sono. Jopseph Galler, sindaco di Mureck, uno dei centri più importanti nella produzione della colza, sostiene: "Sì, diciamo che per quanto riguarda le bioenergie, tutti i partiti seguono la stessa linea. Questa politica è sostenuta dall’intera popolazione e ciò si rispecchia anche nel consiglio comunale, dove siamo tutti d’accordo."
Esattamente come da noi, o no? Abbastanza? Nemmeno per sogno. L’Austria, nel 1999 ha inserito la rinuncia al nucleare nella propria Costituzione ... noi ci infiliamo i lodi Alfano ...
Della vecchia centrale nucleare del 1978 non è rimasto che l’edificio vuoto. Ma di recente (2005) è stato acquistato da EVN, un’azienda che produce energia nella Bassa Austria. Produrrà a breve energia attraverso pannelli fotovoltaici. Tutt'attorno infatti ci sono 14 ettari da utilizzare. La loro bolletta è più leggera di quella italiana (circa 60%, dati 2007), pur in presenza di una tassazione più elevata. Adoro questo paese!
Ecco! Questo succede in alcuni degli "altri" stati europei. Quando viene qualcuno a dire "Ma noi abbiamo le centrali nucleari al confine" non possiamo dargli torto, ma se non è un pirla cerchiamo di spiegargli cos’altro c’è là fuori di cui dovremmo tenere conto. Siamo bravissimi a copiare le cazzate e ci rifiutiamo sempre di prendere quel tanto che di buono è sotto gli occhi di tutti. La politica energetica di un paese non può avere origine dalla tecnologia, ma dalle scelte di come vogliamo sia il futuro della nazione, dei suoi abitanti, che sono molti ma molti milioni di più di quelli che avranno utili e profitti dal fatto di privilegiare una strada rispetto all’altra.
Sostengo da sempre che il problema del nucleare italiano (quello di Berlusconi e di Scajola per capirci) non deve diventare una questione ideologica e che essere a favore del nucleare non è affatto un peccato. Solo che credo si debbano valutare tutte le conseguenze: economiche, ambientali, di sicurezza. In particolare mi sembra che la spesa (molto grande) non abbia senso in questo momento nel nostro paese. E che poi comunque le spese non sono mai finite, perché i nostri nipoti si troveranno a pagare lo smantellamento di centrali morte per mancanza di combustibile esattamente come noi stiamo pagando da vent’anni lo smantellamento delle
nostre centrali morte, quelle di Caorso, di Trino e così via quasi senza accorgercene. SOGIN docet.


Conclusioni: come già detto nell'articolo, di buoni esempi ce ne sono molti, ma spesso si preferisce copiare la cazzata. Questo avviene a causa delle "influenze" delle lobby (corruzione a gogo). Come fare per cambiare questa tendenza? Beh, la soluzione più semplice è quella di scegliere meglio alle prossime elezioni (qualcuno che abbia una minima levatura morale, e un minimo di amore verso il cittadino che rappresenta). Ci sono dei partiti "nuovi" che hanno molte buone candidature, perchè non votare quelli invece dei soliti noti?

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